*Dott. Giovanni Rossi, Presidente Nazionale UNPISI e Dott. Antonio Fedele, Vice Presidente Nazionale UNPISI

La figura del Tecnico della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro   poco conosciuta da gran parte della popolazione.

Questa mancata conoscenza non consente al predetto professionista di avere i giusti riconoscimenti che spetterebbero.

La denominazione di “Tecnico” non aiuta a far comprendere esattamente il ruolo, i compiti e le funzioni alle quali il Tecnico della Prevenzione è chiamato a dare il suo bagaglio di professionalità e di competenze. A livello dell’Unione Europea, invece, i colleghi dei Tecnici della Prevenzione sono denominati “Ispettori” (es. “Inspector of Healt & Safety” UK). Ma non è stato sempre così.

Infatti, molti ricordano la figura del Vigile Sanitario che ha svolto le proprie funzioni dal 1890 al 1978 in quanto era l’unico organo ispettivo. Il Vigile Sanitario dipendeva direttamente dal Ministero della Sanità. Con la prima riforma sanitaria il predetto personale transitato nelle Unità  Sanitarie Locali, mantenendo le competenze in materia di ambiente, di sicurezza sui luoghi di lavoro, di sicurezza alimentare, di igiene pubblica, rivestendo la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria che consentiva di avere un rapporto stretto e di collaborazione con l’amministrazione giudiziaria.

La professione in questione si è poi delineata con il riconoscimento legislativo di uno specifico profilo professionale fissato con Decreto del Ministero della Salute n. 58/1997. Inoltre, il legislatore ha emanato il percorso universitario per conseguire la laurea in “Tecniche della Prevenzione” nonché ha istituito l’apposito Albo Professionale nel 2018. Perciò, il Tecnico della Prevenzione possiede competenze specialistiche uniche in campo nazionale e comunitario.

Nonostante il possesso delle suddette competenze constatiamo, con rammarico, che i vertici delle istituzioni pubbliche nazionali e locali ignorano questa importante figura sanitaria.

Difatti, quando intervengono pubblicamente citano sempre e solo gli Ispettori del Lavoro o i Carabinieri del NAS.

Si sottolinea che, in parallelo con i predetti organi istituzionali, l’attività del controllo sanitario viene esercitata prevalentemente dai Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali dove operano i Tecnici della Prevenzione, congiuntamente ad altri professionisti sanitari quali Medici e Veterinari.

Tutto, ciò rilevabile dalla lettura dei reports pubblicati dal Ministero della Salute e/o dalle Aziende Sanitarie Locali. La sola attività di Controllo Ufficiale in materia di produzione, di distribuzione e di somministrazione di alimenti e bevande viene svolta al 90% grazie agli interventi dei Dipartimenti di Prevenzione della Aziende Sanitarie Locali, in particolare dai Servizi Veterinari e da quelli del SIAN.

I Tecnici della Prevenzione pagano le conseguenze della regionalizzazione del S.S.N.

Infatti, il Governo centrale pone l’attenzione principalmente agli organi ispettivi centrali quali l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nel mentre le Regioni fanno poco o nulla per valorizzare il personale ispettivo in questione.

Le regioni si ricordano delle attività svolte dai Tecnici della Prevenzione quando devono inviare i dati dei controlli al Ministero della Salute.

Le nuove regole approvate recentemente dal Governo conferiscono all’Ispettorato Nazionale del Lavoro compiti sovrapponibili a quelli svolti dai Tecnici della Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali.

L’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 81/2008 è stato abrogato recentemente eliminando, in tal modo, le prerogative uniche alle Aziende Sanitarie Locali, competenti per territorio in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Tale provvedimento è avvenuto nel silenzio “assordante” delle Regioni.

Un ultimo attacco alla professione, alle sue competenze e al percorso universitario della laurea abilitante del Tecnico della Prevenzione è stato sferrato mediante la recente pubblicazione del bando per l’assunzione di 1.200 nuovi “ispettori tecnici” presso gli Ispettorati del Lavoro.

L’attuale bando, a differenza del precedente, prevede l’ammissione al concorso mediante il possesso di una generica laurea, anche triennale.

La domanda sorge spontanea: che senso ha formare professionisti sanitari in possesso di laurea in Tecniche della Prevenzione quando basta avere una qualsiasi tipologia di laurea triennale per svolgere queste mansioni?

Ed ancora: che senso ha pagare la tassa di iscrizione all’ordine professionale e l’assicurazione obbligatoria per esercitare questa professione sanitaria?

Sono risorse economiche sottratte dai già magri stipendi dei professionisti di cui si discute.

Ci chiediamo, a questo punto, quali sono le motivazioni di quanto sta accadendo.

Una possibile chiave di risposta potrebbe essere che, forse, impiegare personale non specializzato e non sanitario, quindi privo di quelle conoscenze di base, che sono assicurate dalla laurea in Tecniche della Prevenzione, rappresenti una modalità per incidere in modo meno significativo su alcune realtà da ispezionare.

Infatti, meno “conosci” e meno fai danni al sistema “economico” delle imprese poco trasparenti, a scapito della prevenzione e della tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Parlano di noi … 

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